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“Quanti chilometri ci sono da qui a Roma?”, “Quanti anni può vivere un gatto?”, “Come si prepara la torta al cioccolato?”; “Non lo so, lo cerco su internet” è diventata una delle tipiche conversazioni con cui tutti in ogni situazione, ci troviamo a che fare.
Perché ad oggi cerchiamo di tutto su internet, e lo facciamo grazie ad alcuni siti che sono i motori di ricerca. Sistemi automatizzati che analizzano un database sterminato di siti, e che permettono di trovare la risposta a tutte le nostre domande tra i milioni di siti web da cui possono prendere le loro informazioni.
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Un ambiente semplice da raggiungere, ma una vera e propria giungla per chi abbia un sito web da far conoscere, per vendere i prodotti o semplicemente anche per generare introiti pubblicitari. Un sistema che si basa su una serie di tecniche ideate per farci trovare dagli utenti, che nel suo complesso si indica con una parola di tre lettere: SEO – Search Engine Optimization.
In questa pagina scopriremo che cos’è la SEO, e perché i motori di ricerca sono così importanti per te ed il tuo business o il tuo lavoro quitidiano di chiunque abbia un sito web, di qualsiasi livello esso sia.
I motori di ricerca: che cosa sono
I motori di ricerca sono una serie di sistemi automatici che cercano informazioni tra i tantissimi siti che popolano il web, per fornire la miglior risposta possibile a chi fa una ricerca, quindi a chi digita un termine, nella barra di ricerca che è la “vera protagonista” di un motore.
Motori di ricerca ce ne sono tantissimi, sul web, ma i più conosciuti sono quattro, per non dire tre più uno: Google, Yahoo, Bing e Baidu, quest’ultimo probabilmente non lo avrete mai sentito perché è un motore di ricerca cinese che, come quantitativo di utenti, occupa il quarto posto nel mondo. Del resto, la Repubblica Popolare Cinese bandisce gli altri.
Il primo motore di ricerca, nato a causa dell’espansione della rete per facilitare la ricerca di un contenuto perché un utente poteva non conoscere un sito specifico che trattava l’argomento a cui era interessato, si chiamava Aliweb, nel 1993.
Solo otto anni dopo sarebbe nato Google, che grazie ai suoi ottimi algoritmi di ricerca che restituivano un risultato all’utente in tempi molto veloci, ad una fortissima campagna di marketing e al fatto che dava la possibilità alle aziende di pagare per essere mostrati ai primi posti tra i risultati come “risultati sponsorizzati”, è divenuto in assoluto il più famoso ed utilizzato, per un’azienda che successivamente si è espansa molto al di fuori dell’ambito in cui operava inizialmente, pur (ovviamente) non lasciando il motore di ricerca che rimane sempre il fulcro di Google.
Ad oggi, Google è il primo sito al mondo per numero di visite, a causa di un’altissima espansione e sviluppo di funzionalità che ha avuto nei 18 anni dal suo lancio sul web.
Il funzionamento di un motore di ricerca è semplice: si digita una parola e lui trova una serie di risultati quanto più simili possibili alla nostra richiesta, per poterci fornire una risposta adeguata alla nostra domanda. Si possono fare anche domande più specifiche, come eliminare una certa parola o cercare solamente all’interno di un sito, per una personalizzazione delle ricerche.
Come funziona un motore di ricerca e come fa a trovare il nostro sito
Come già detto, un motore di ricerca attinge le informazioni dai siti internet sparsi per il web. Una volta analizzate tali informazioni le archivia in un vasto database, per poi analizzarle e calcolare tramite degli algoritmi, la loro attinenza e importanza in funzione di una determinata parola o frase.
Pertanto ogni sito deve dare libero accesso ai motori di ricerca. Se io creo un sito ma non aderisco ad alcun motore di ricerca, il mio sito da essi non verrà mai trovato. Se, invece, creo un sito e aderisco solo a Bing ma non a Google, non entrerò nel suo database e non potrò essere trovato su Google, ma solo su Bing.
Quando si crea un sito, di solito si aderisce a tutti i database di ricerca, almeno a quelli più famosi, per essere trovati. Se non lo facciamo, l’unico modo per giungere al nostro sito è quello di conoscerne l’indirizzo esatto, nella forma www.miosito.it. Questa parte di siti “invisibili” ai motori di ricerca si chiama Deepweb.
Ma noi non ci occuperemo di questa parte, bensì dei siti che invece vogliono essere trovati: del resto, che io sia un avvocato, un metalmeccanico con un’officina, un ristoratore, con internet voglio trovare clienti, e il mio nome deve comparire tra i primi risultati della pagina di ricerca, c’è poco da fare.
Se non compaio, praticamente non esisto, e la spesa affrontata per creare il sito sarà stata per molti versi inutile.
Aderendo ai motori di ricerca invece, tramite i loro crawler (ossia un software che legge e raccoglie le informazioni contenute nelle pagine dei siti) analizzeranno il contenuto del nostro sito, e ne memorizzeranno le informazioni; quando qualcuno cercherà un termine che ha correlazione con ciò che proponiamo noi, il nostro sito verrà trovato e comparirà tra i risultati. È chiaro che il sito non comparirà se io sono uno studio legale e una persona cerca “pomodoro”, ma se una persona cerca, appunto, “studio legale” compariranno tutti i siti degli studi legali, quindi se il motore lo ritiene abbastanza rilevante, anche il nostro.
Google è più importante degli altri motori di ricerca?
In linea di massima, nel nostro paese, Google è il più importante tra i motori di ricerca. E non perché gli altri siano meno validi, assolutamente: è più importante perché è più utilizzato.
Riuscire quindi a far trovare il nostro sito, magari in italiano, su un motore di ricerca cinese, non avrebbe molto senso: gli sforzi si concentrano proprio su Google perché gli altri li utilizzano in pochi, per cui se dobbiamo spendere tempo e fatica cercando di apparire nelle prime posizioni di un motore di ricerca sicuramente dovremmo provarci con Google, piuttosto che con motori di ricerca alternativi da cui non riceveremo visitatori.
Perché il mio sito dovrebbe apparire per primo su Google
Vedendola dal punto di vista di chi cerca (anche di voi stessi), cerchiamo una qualsiasi parola su un motore di ricerca: scopriamo che di risultati ne escono centinaia, se non migliaia. Se il nostro sito è il 700esimo risultato, difficilmente una persona scorrerà pagine e pagine per trovarlo, e questo significa che il fatto che veniamo trovati sarà come trovare un ago in un pagliaio. Insomma, è come se non ci fossimo.
Per questo motivo dobbiamo cercare di apparire tra i primi risultati. L’utente medio che cerca una cosa controllerà i primi quattro, cinque, massimo dieci risultati che il motore di ricerca restituisce. Ed inoltre difficilmente andrà a visitare la seconda pagina di risultati.
Detto questo è assolutamente evidente che se noi siamo i primi, abbiamo maggiori possibilità di visite, quindi di clienti potenziali, o comunque di lettori che acquistano i prodotti che proponiamo, o visitatori che cliccano sui nostri annunci pubblicitari facendoci guadagnare.
Perché il mio sito non compare tra i primi risultati su Google?
Detto come lo abbiamo spiegato finora, sembrerebbe che arrivare in prima posizione tra i risultati di ricerca di Google sia cosa facile, ma in realtà non lo è affatto. E il problema di fondo è uno solo: internet è troppo affollato, davvero troppo affollato di siti che vogliono comparire nelle prime posizioni.
E qui entra in gioco la SEO, che come abbiamo detto, sta per Search Engine Optimization, letteralmente “Ottimizzazione per il motore di ricerca”. In pratica, per distribuire i risultati in un ordine logico, Google sfrutta degli algoritmi, una serie di regole a noi più o meno sconoscute, che permettono di individuare quali sono i risultati più consoni alla richiesta, che saranno messi ai primi posti, e quelli meno consoni, che appariranno più in basso.
All’inizio, a fine anni ’90, con pochi siti, la regola era semplice: il sito su cui compare maggiormente la parola ricercata (detta anche keyword) è quello che va per primo. In una pagina che parla del cane, verrà citata più volte la parola “cane”, e quello è il risultato migliore.
Ma subito, chiaramente, uscirono i furbetti, che pensarono: se io scrivo una frase del tipo “Cane, cane, cane, cane, cane” comparirò prima di chi scrive “Il cane è un animale appartenente alla specie…” In questo modo un sito che conteneva nessuna informazione superava un risultato che invece era utile.
Così Google corse subito ai ripari, creando algoritmi sempre più complessi che sapessero riconoscere, in modo automatico, le pagine ricche di informazioni utili da quelle povere, mettendo queste ultime agli ultimi posti nei risultati o togliendole proprio in caso di ban.
In quella che si è rivelata una vera e propria battaglia: da una parte il motore che cerca di mettere ai primi posti i siti effettivamente più utili agli utenti, dall’altra i “siti spam” che non forniscono nulla di utile ma che continuamente cercano di capire come “lavora” il motore di ricerca, l’algoritmo (che cambia continuamente) per cercare di fregarlo.
Perché è questo il sistema per il quale molto spesso (ma non sempre) il nostro sito viene costantemente superato da altri siti: gli altri hanno capito meglio di noi come lavora l’algoritmo di ricerca, arrivando così in prima posizione nei risultati con alcune parole specifiche e ben precise.
Ciò che donbiamo essere bravi a fare con il nostro sito, o che dobbiamo lasciar fare alle figure chiamte “SEO Specialist” che si occupano proprio della formulazione dei testi, e delle descrizioni presenti nel sito per ottimizzarli al meglio al motore di ricerca, è creare pagine che rispondano quanto più possibile ai criteri dei motori di ricerca, che li considerino validi e che seguano una serie di regole fatte in modo, appunto, da “ottimizzare” i contenuti per il motore.
Quindi quali regole funzionano e quali no?
In linea generale, bisgna cercare di scrivere degli ottimi contenuti perché Google ci valuti bene. In passato, infatti, numerosi siti hanno subito le cosiddette penalizzazioni, perché cercavano di usare “trucchi” poco corretti per comparire in alto nei risultati ed attirare visitatori.
Di seguito riportiamo alcuni esempi famosi che fanno capire perché far comparire un sito tra i primi risultati di Google non è una cosa per niente facile. E non lo è perché se a Google un sito non piace, semplicemente, lo penalizza, spingendolo molto in basso nei risultati fin quando il problema non è stato risolto.
Google Penguin
Una delle penalizzazioni più famose (e forse più temuta) è quella dell’algoritmo chiamato Penguin, che ha modificato i risultati delle ricerche da molti punti di vista, come i seguenti:
- I contenuti duplicati sono stati penalizzati. Molti copiavano spudoratamente informazioni da altri siti, con il copia-incolla: chi lo fa, adesso, è molto penalizzato, perché per un lavoro non svolto rischia di rubare il posto ai siti che si danno da fare davvero. Fa fede la data di pubblicazione.
- Le troppe Keyword: è l’esempio che abbiamo fatto prima, quello di “cane, cane, cane”. Troppe parole tutte uguali sono state penalizzate, perché impediscono la lettura.
- I link falsi: una delle tecniche con cui Google valuta quanto un sito è autorevole si basa su quanti siti, con i loro link, rimandano a lui. Ad esempio, molti sitI ano di leggere Wikipedia, per cui Wikipedia è considerato autorevolissimo. In passato, alcuni siti si facevano pagare per essere dei raccoglitori di link, utili solo ad aumentare l’autorità; questi siti, grazie a Penguin, non hanno più alcun valore nell’aumentare l’importnza di un sito, perché non contano più nulla.
- Il testo nascosto: si tratta di testo insensato, dello stesso colore dello sfondo così l’utente non lo vedeva, ma il motore di ricerca lo trovava. I siti che ne facevano uso sono stati penalizzati.
Google Panda
Qualche anno dopo, uscì un altro algoritmo che andava a migliorare ancora la qualità e la veridicità dell’ordine dei risultati. In particolare, in questa versione vennero penalizzati:
- I siti a cui venivano collegati siti di bassa qualità. Se un sito di bassa qualità, a sua volta, si collegava al nostro, e di questi esempi ce n’erano molti, anche il nostro sito veniva penalizzato perché probabilmente avevamo pagato per avere il link.
- Viene preso in considerazione il “Tasso di rimbalzo” degli utenti, ovvero il fatto che un utente entri in un sito e poi esca subito dopo perché non si caricava o era poco interessante, o non c’entrava con quanto aveva cercato. I siti che venivano “rimbalzati” molto dagli utenti apparivano in basso, mentre quelli che venivano presi in considerazione e letti approfonditamente salivano di posizione.
Google Hummingbird
Uno degli ultimi aggiornamenti, piuttosto recenti, relativi al posizionamento quindi all’algoritmo dei motori di ricerca è stato questo, che più che penalizzare ha cercato di favorire alcuni siti interpretando meglio le domande effettuate dagli utenti.
In pratica, se prima veniva cercato “iPhone comprare Pisa”, Google si focalizzava principalmente sulla parola “iPhone”, lasciando perdere la città che avevo indicato, e trovava magari i negozi online o negozi che vendevano gli iPhone a Roma.
Questo ultimo aggiornamento ha avuto lo scopo di “leggere” la domanda come farebbe una mente umana, concentrandosi su tutte le parole, e di “rispondere” con i risultati quanto più simili a quello che veniva cercato dall’autore della domanda.